Betty Bee

Second Life

11042014 \\ 24052014

Il lavoro di Betty Bee può essere letto come un processo di autoterapia attraverso l’arte, travestimento di sé da un lato e messa a nudo della sua anima dall’altro. Il suo cammino esistenziale e le dinamiche sociali ed affettive che lo hanno contraddistinto coincidono con il suo percorso artistico condotto attraverso performance, video, pittura, fotografia. Se la provocazione e la prorompente esuberanza pop-kitsch caratterizza tendenzialmente i lavori fotografici, i video e le performance,  la produzione pittorica assume un carattere molto più intimista e la storia che questa volta la Bee vuole narrare non è di violenza ed espiazione ma di cambiamento e liberazione.

Second Life, titolo della mostra, è esemplificativo della trasformazione fissata sulla tela dall’artista, che attraverso l’esposizione di cinque lavori pittorici, inediti, riscopre se stessa e dà voce alle evoluzioni emozionali che hanno caratterizzato l’ultimo periodo della sua vita. I dipinti in mostra sono stati realizzati tutti nel 2013, ad eccezione dell’unico lavoro risalente al 1998 che prelude alla produzione recente. Sintomi indiscutibili della necessità di tutelare l’interiorità dell’artista sono i due i motivi ricorrenti in tutte le opere: gli elementi di protezione e la pittura fluorescente. Gli strumenti di difesa quali la catena, il filo spinato, la rete, il nido d’ape, tentano di segnare un limite tra lo sguardo dello spettatore e lo svelamento dell’animo della Bee; la delimitazione è necessaria per salvaguardare un’innocenza duramente preservata perché mai vissuta. La pittura fluorescente, al contempo, viene utilizzata per rendere meno visibile ad occhio nudo l’esistenza di quest’altro essere costantemente celato, mai mostrato nel gesto fisico ma solo nell’opera, dominato da un ingenuità quasi abbagliante nella sua purezza. Se dunque, nei lavori precedenti, apparentemente ciò da cui bisognava proteggersi era l’aggressività e la prepotenza estetica dell’artista con la sua dirompente e provocatoria femminilità, qui si dichiara che la parte più pericolosa del suo essere è l’aspetto interiore, da difendere strenuamente e da far illuminare solo di notte.

Ciascuna delle opere occupa una sala del primo piano della Fondazione, permettendo a ciascun lavoro di respirare e non accavallarsi alle sensazioni dell’altro. L’opera Crosta, 2013 rappresenta il mondo dell’artista insieme alla terra, i pianeti, gli esseri pensanti ed intelligenti che la Bee scruta dall’alto come se fosse un’enorme testa capace di guardare il tutto durante la grande pausa della notte, che con il sonno porta via solo il tempo. Segue Loneliness, 2013 in cui la sensazione di distanza dagli altri provata dall’artista è accentuata dalla presenza della rete e dalla roccia in cui questa è fissata, segno della sua capacità di restare razionale e cosciente nonostante la tentazione di perdersi in se stessa. Ancora, con Life, 2013, si recupera l’ottimismo e l’aspetto infantile della sua pittura, gioiosa e puerile, alla ricerca della felicità tra la visione e la riproposizione di scenari da cartone animato. In Couple, 2013 invece, i due rami in fiore ai margini dello spazio della tela rappresentano i due componenti di una coppia, sempre più distanti ed incapaci di provare sentimenti che permettano di seguire un percorso di vita univoco. Senza Titolo, 1998, ci catapulta definitivamente nel romanticismo fiabesco che caratterizza le nuova produzione di Betty Bee. In occasione della mostra l’opera è stata ribattezzata La Grande Bellezza perché come l’artista dichiara “sfiorisce il mondo, ma quello che porta al nulla, perché quando c’è qualcosa di bello, le cose, finalmente, rifioriscono”.

La bambina dentro Betty, cresciuta fuori ma mai davvero dentro, può dunque cominciare a vivere realmente e a smettere di nascondersi dietro gesti, movenze ed atti che finalmente ha il coraggio di abbandonare. Betty Bee, in quanto donna, raggiunge finalmente la sua seconda vita, la cui pulsazione, questa volta, non potrà essere sporcata dagli occhi di chi guarda.

 

Anna Cuomo

 

 

Tutte le immagini Courtesy Fondazione Morra Greco, Napoli
© Amedeo Benestante