Rudolf Polanszky

Paradox Transformations
A cura di Francesco Stocchi
 
Nell'ambito di Progetto XXI

15122015 \\ 20022016

La Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee e la Fondazione Morra Greco sono liete di annunciare la presentazione della mostra Paradox Transformations di Rudolf Polanszky (Vienna, 1951), prima mostra personale dedicata all’artista austriaco in Italia, a cura di Francesco Stocchi, realizzata nell’ambito di Progetto XXI ed. 2015.

Paradox Transformations è ospitata, dal 15 dicembre 2015 al 20 febbraio 2016, presso la sede della Fondazione Mondragone di Napoli, Istituto di Alta Cultura e Organismo di Formazione e di Orientamento della Regione Campania, Museo del Tessile e dell’Abbigliamento “Elena Aldobrandini”.

In mostra una ventina di opere, realizzate tra gli anni ’90 e il 2015, sia su tela che scultoree, le quali prendono forma nell’atto fisico della creazione, esplorando la relazione tra l’astrazione e lo spazio dell’agire umano. Interessato alla ricerca spaziale degli anni ’60, e testimone dell’esperienza dell’azionismo viennese nella sua attitudine più gestuale ed immediata, Polanszky sviluppa un linguaggio intimo, anche consapevolmente criptico, dando ai suoi gesti forma e tempo dissociativi, a partire dall’impiego di materiali di scarto. L’approccio dell’artista si compie nel tentativo di analizzare gli elementi fondamentali del linguaggio creativo: spazio, luce, colore, ritmo. Intendendo la pratica creativa come genuina espressione cognitiva, il non-sapere intellettuale genera il fare artistico, che diviene un tentativo per conoscere l’incognito. Le sculture dell’artista, in particolare, si compongo di una serie di elementi ricorrenti, come l’acciaio, il legno, il plexiglass, piume, schiuma, colori, riflessi, precarità, memoria. Uniti fra loro, questi elementi tracciano la forma del vuoto, espressa in una idiosincrasia verso la gravità. La stessa tensione si ritrova nelle tele dell’artista, veri e propri bassorilievi che esaltano le proprietà dei materiali. Il lavoro e le intenzioni dell’artista si evolvono, così, insieme con la ricerca concettuale, concentrata sullo statuto dell’opera d’arte, la sua definizione e la sua percezione. La pratica di Polanszky chiarisce la discordia tra teoria ed esperienza della vita reale: come la prima possa porre dei limiti alla rinuncia all’espressione personale per una molteplicità di possibili ragioni: il bene di un paradigma dato, paura, mancanza di fantasia o fallito mimetismo. Le pratiche teoriche richiedono conformità e Polanszky ci mostra come una routine di lavoro rischi di diventare una necessità, in quanto diventa un obiettivo, mentre l’artista permette all’arte di violare le convenzioni, creare le proprie regole e vivere con essa. Mantenendo come orizzonte il pensiero sullo spazio, Polanszky manipola in questo modo la materia fino ad arrivare al vuoto, fino a preferire i processi alle forme, le idee alle realizzazioni, la vista al tatto, il vuoto, il silenzio, l’assenza. Ogni opera è a sua volta, quindi, una metafora, un mito condensato, una stratificazione di esperienze e simboli investiti della sua stessa interiorità.

 

Tutte le immagini Courtesy Fondazione Morra Greco, Napoli
© Amedeo Benestante