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1-2. Július Koller (1939 Piešťany, Slovacchia – 2007, Bratislava, Slovacchia)

Le opere Universal Physical-Culture Operation (Attack) (U.F.O.) e Universal Physical-Culture Operation (Defensive) (U.F.O.), entrambe del 1970, sono due fototografie in bianco e nero scattate dalla collaboratrice e compagna nella vita, Květoslava Fulierová, come la maggiore parte di ritratti da U.F.O. –naut J.K., Anti-happenings e altre operazioni condotte dal 1970 fino al 2007, anno della scomparsa, da Julius Koller.

Le operazioni Universali Fisico-Culturali di Koller alludono alla centralità dello sport nella vita dell’artista, che diventa un esempio di libertà ed emancipazione, in quanto ordinato secondo regole ben precise, fair-play, ed esempio civile. Parimenti, il gioco di parole con l’acronimo U.F.O. (declinato di volta in volta secondo neologismi e associazioni sempre differenti), si collega alla fascinazione per il cosmo e la fantascienza, comune alla generazione cresciuta assistendo ai primi viaggi sulla luna. Tutti aspetti che contribuiscono alla creazione di “situazioni culturali”, ambientate e indirizzate al presente ma per la memoria dei posteri.

All’indomani della Primavera di Praga e il tentativo fallito di instaurare un “socialismo dal volto umano” nel 1968, a seguito dell’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe sovietiche e la repressione di ogni spinta riformistica, dal 1970 la Cecoslovacchia fa esperienza di una fase di “normalizzazione” volta a ripristinare un comunismo ortodosso che stroncherà qualsiasi libertà espressiva, di informazione, e artistica non conforme al regime per una ventina d’anni in poi.

Julius Koller introduce il concetto di Operazione Culturale Universale Futurologica, o U.F.O., nel 1970 come manifesto esistenziale improntato alla creazione di una nuova realtà attraverso situazioni culturali talmente innestate nell’esistenza da non poter essere definite arte –– o non essere riconoscibili.

L’accostamento all’arte concettuale del lavoro di Julius Koller è una facile tentazione che tradisce il monopolio del canone occidentale nelle genealogie della storia dell’arte, come paradigma normativo incapace di tenere conto delle differenze, sfumature e identità esterne a quella Nord Americana ed Europea. L’arte di Koller non è arte di comportamento, riflessione estetica o concettuale, e nemmeno anti-arte in linea con le neo-avanguardie, ma non-arte.

Il contesto storico e politico in cui si ambienta la parabola artistica e di vita di Julius Koller è infatti fondamentale, anche se non univoco, per comprendere il suo posizionamento teorico più che artistico, il suo sguardo cinico verso le verità assolute, la museificazione e l’arte stessa, che ci invita a guardare a una rifondazione dell’arte e delle sue istituzioni come scelta etica ed esistenziale, di consapevolezza quasi civile insieme.

Il dialogo tra le operazioni U.F.O. di Julius Koller e il Wall Drawing di Sol Lewitt è un prisma attraverso cui osservare la mostra, che rispecchia simbolicamente l’impossibilità di un punto di vista assoluto sulle cose in grado di esaurirne compiutamente il senso, insieme alla necessità di questionare continuamente il nostro punto di vista e quello dei sistemi nella società per avvicinarsi il più possibile ad abbracciare la complessa molteplicità del reale.

 

1. Július Koller, Operazione Universale Fisico-Culturale (Difesa) (U.F.O.), 1970, Fotografia vintage b/n, 34 x 25.5 cm)

2. Július Koller, Operazione Universale Fisico-Culturale (Attacco) (U.F.O.), 1970, Fotografia vintage b/n, 24.5 x 17.8 cm

3. Cezary Bodzianowski (1968, Szczecin, Polonia)

Casio Pay, 2010 è una doppia installazione video dell’artista polacco Cezary Bodzianowsky che gioca con il tempo e lo spazio.

In lingua inglese il tempo perduto si definisce “Borrowed Time”, tempo preso in prestito. Ma in prestito a chi, o perduto rispetto a cosa? Se è la società che ci impone un ritmo, quello di produzione e lavoro, che di fatto non ha nulla a che fare con la nostra natura umana o tempo naturale, ma che ogni volta che trasgrediamo è “perso” o preso in prestito, allora, perdendo tempo, ci stiamo riappropriando di qualcosa di nostro.

Agendo come outsider, le “occorrenze” di Cezary Bodzianowki inseriscono un elemento di assurdità nel corso della vita di ogni giorno, sottraendo alle concatenazioni di senso, ma anche alle norme e codici di comportamento imposti dalla società, qualsiasi legittimità con azioni di spiazzante non-sense che contribuiscono a desacralizzare il gesto dell’artista-genio.

Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Varsavia in un clima di sperimentazione teatrale performativa, Cezary Bodzianowski lavora principalmente con il video, la performance e l’immagine, in collaborazione con la compagna, Monika Chojinicka, che ne riprende e immortala le azioni di fronte alla telecamera.

Trasferitosi in Belgio alla metà degli anni Novanta, il lavoro di Bodzianowski trascolora nel surrealismo ponendosi sulla scia dell’eredità di Nagè, Magritte, e Broodthaers più tardi, trasferendo nelle sue opere un sarcastico senso di assurdità, ironia, e isolamento, come ingranaggio di un sistema, quello sociale o artistico, fuori posto, mal funzionante. Non fosse che tutti questi sistemi sembra siano irrimediabilmente malati.

3. Cezary Bodzianowski, Casio Pay, 2010, Doppia installazione vide, schermo, proiezione, dimensioni variabili