26.11.2006

Gregor Schneider

25.11.2006 \\ 28.01.2007

26.11.2006 è il titolo della mostra che Gregor Schneider presenta a Napoli, alla Fondazione Morra Greco e nella Chiesa S. Gennaro all’Olmo. Nel calendario luterano, il 26 novembre è il giorno in cui si commemorano i defunti. Infatti, il progetto che l’artista tedesco ha sviluppato durante un suo soggiorno a Napoli è strettamente legato al tema della morte, sentimento che da sempre compenetra l’essenza di questa città, che lo malcela dietro una maschera  di allegria e di vitalità.

Gregor Schneider, nato a Rheydt nel 1969, è uno degli artisti più interessanti ed enigmatici dell’ultima generazione. Nucleo centrale della sua ricerca artistica è la ricostruzione e ripresentazione claustrofobica e maniacale dei propri spazi domestici, che progressivamente trasforma attraverso un’instancabile aggiunta di muri, tramezzi, finte finestre e così via. Egli costruisce pareti davanti a pareti già esistenti che spesso sembrano identiche tra loro, con il risultato che le stanze diventano più piccole e le loro proporzioni alterate, fino ad avvertire, quasi fisicamente, un’atmosfera sempre più oppressiva senza, tuttavia, essere in grado di comprenderne la causa.

Nel suo più recente lavoro, CRYO-TANK PHOENIX 1-2, Gregor Schneider ha tematizzato le nuove utopie e ipotesi di eternità, in discontinuità dalle tradizionali rappresentazioni occidentali della morte. Confrontandosi con le teorie del movimento transumanista, Schneider interroga il desiderio dell’uomo per l’eternità e tocca così un tema che l’umanità in tutta la sua storia non ha mai smesso di affrontare. Le sue sculture richiamano l’attenzione sull’assenza del corpo morto dallo spazio pubblico. Per quanto il rapporto professionalizzato con la morte debba essere considerato un prodotto della cultura postmoderna, la ripugnanza nei riguardi del corpo morto è strategicamente bandita, insieme a tutto ciò che lo riguarda, e questo simbolo della caducità e della transitorietà della vita sociale viene confinato in una posizione diametralmente opposta a quella del corpo eternamente giovanile. Morte, dunque, come allegoria della scomparsa e al tempo stesso come possibilità potenziale di nuova vitalità. Tutto questo contesto rimanda al suo desiderio, sino ad ora mai realizzato, di mostrare in uno spazio espositivo un uomo morto naturalmente, per evidenziare così la presenza del corpo morto come unità naturale di assenza e presenza, pur in tutta la sua irrisolta paradossalità. La conservazione del corpo morto mediante congelamento ha imposto una metodologia definita crionismo, che per i pazienti agisce come superamento del supplizio della morte. Un corpo conservato secondo tale modalità è da considerarsi morto nella dottrina medica ufficiale, mentre per i transumanisti è solo un paziente temporaneamente sospeso dalla vita. La morte viene così declassata dal suo magistero e relativizzata a una questione di prospettive. La presunta promessa del movimento transumanista denuncia il comportamento radicalmente distruttivo nei confronti del corpo morto. Nell’ipotesi dell’utopia transumanista, l’uomo deve essere migliorato in accordo allo sviluppo tecnologico, sia intellettualmente che biologicamente, di contro al tecno totalitarismo che fa diventare merce l’illusione diffusa di assenza della morte. Il giorno del giudizio diviene così solo un mero problema tecnico, liberato pertanto dai modelli interpretativi del cristianesimo, ma senza poter offrire una alternativa. Il progetto transumanista dell’immortalità cerca di sospendere la morte, sia come processo biologico che come simbolo, per aprire una prospettiva di immortalità impensabile con i sistemi e le strutture attuali.

 

 

Tutte le immagini Courtesy Fondazione Morra Greco, Napoli