29.09.2022 \\ 30.11.2022
Kai Althoff \ John Bock \ Cezary Bodzianowski \ Keren Cytter \ Sam Durant \ Petra FeriancovÁ \ Piero Golia \ Jonathan Monk \ JÚlius Koller \ Manfred Pernice \ Giulia Piscitelli \ Eva Rothschild \ Lorenzo Scotto di Luzio \ Andreas Slominski \ Katja Strunz \ Eric Wesley \ Cathy Wilkes
Nel 1957, gli scienziati cinesi Lee e Yang, insieme alla scienziata Wu, scoprirono che lo spazio è simmetrico stabilendo che è possibile in un punto qualsiasi del cosmo definire il nord e il sud, la destra e la sinistra. Anche se gli antichi navigatori avevano capito come orientarsi guardando verso il cielo e leggendo il movimento degli astri, la scoperta valsa il premio Nobel rappresenta una conquista epocale: ogni cosa posizionata nello spazio è attribuibile a un punto e una direzione ben precisi, in ogni caso.
Mentre la scoperta di Lee, Yang e Wu stabilisce una volta per tutte l’univocità dello spazio, è impossibile stabilire un punto di vista esauriente per leggere la complessità polifonica della storia. Borges racconta che quasi trecento anni dopo Pierre Menard tenta di riscrivere parola per parola il Don Chisciotte di Cervantes. Lui, come lo spagnolo Cervantes prima di lui, scrivono: “La verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e notizia del presente, avviso dell’avvenire”. E mentre lo leggiamo noi oggi, o lo leggeva Menard nel suo tempo, il senso non è mai uguale e il punto di vista è continuamente moltiplicato.
La “verità” allora forse non esiste perché sembra non sia possibile stabilire il senso univoco di una storia che esaurisca definitivamente il significato delle azioni per i molteplici punti di vista che la abitano. Anche se l’immagine tra il Don Chisciotte di Cervantes, quella di Menard, e noi resta speculare, lo spazio della storia non è simmetrico, il nord e il sud non esistono.
Oggi quello di “storia” è un concetto impossibile se si guarda al fallimento della concezione progressiva teleologica di tempo nutrita dalla modernità – suo malgrado – con conseguenze che si ripercuotono sul presente. Occorre forse immaginare delle storie che coesistano nello spazio e nel tempo rispecchiando la moltitudine di soggettività che prendono il posto delle grandi narrazioni.
Attraverso una selezione di opere dalla Collezione Morra Greco, Keep On Movin’ descrive come artisti di generazioni e nazionalità differenti tra gli anni Settanta e Duemila abbiano posto incessanti interrogativi verso il presente, facendo emergere il lato in ombra delle strutture del potere in atto all’interno dei sistemi, narrazioni e ideologie che regolano la nostra esperienza di realtà e storia.
Le opere in mostra interrogano sé stesse come opere d’arte e questionano ora antagonisticamente, ora ironicamente, la società, le istituzioni, il linguaggio, la cultura materiale e il rapporto degli esseri umani con la natura attraverso la fotografia, l’immagine in movimento e la pittura, accanto alla scultura, l’installazione, l’arredamento e l’architettura.
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